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  • 04/01/2012

Dal 1 gennaio 2012 Obbligatoria la pubblicità  con la pagella energetica degli immobili

Niente annunci immobiliari senza pagella energetica. Dal 1° gennaio 2012 diventa obbligatorio riportare l’indice di prestazione energetica nelle “offerte di trasferimento a titolo oneroso di edifici o di singole unità immobiliari”. In pratica, chi vuol vendere una casa o un qualsiasi altro fabbricato dovrà prima farsi fare la certificazione energetica da un tecnico abilitato, così da poter inserire il risultato negli annunci di vendita (affissi all’edificio o pubblicati su siti internet, riviste, giornali e altri mezzi di comunicazione).

Le regole e le sanzioni. L’obbligo è stato dettato dal decreto rinnovabili (Dlgs 28/2011), che ha aggiunto il comma 2-quater nell’articolo 6 del Dlgs 192/2005, e alcuni annunci cominciano già a riportare i dati sulle prestazioni energetiche. Il grosso, però, pare ancora sprovvisto di indicazioni. E qui entra in gioco un punto delicato: cosa rischia chi non rispetta l’obbligo? La norma nazionale non prevede sanzioni, anche se alcune riviste specializzate e siti internet hanno iniziato ad avvisare gli inserzionisti dei nuovi obblighi, rifiutando in qualche caso le offerte senza pagella energetica. Il tutto a meno che qualcuno non decida di richiamare in gioco due vecchi articoli della legge 10/1991: cosa che, però, al momento, pare improbabile. Sono invece sicure le multe da 1.000 a 5.000 euro previste in Lombardia con una legge regionale.

I dati da indicare. Secondo la norma nazionale, deve essere indicato nell’annuncio l’indice di prestazione energetica. È il valore che misura il consumo di energia primaria all’anno per mantenere 20 gradi di temperatura negli ambienti, riferito per le abitazioni ad ogni metro quadrato ed espresso in chilowattora (kWh/m2). Più basso il valore, più alta l’efficienza energetica. La legge, quindi, sorprendentemente, non richiede la classe energetica (quella che va da A+ a G, per intenderci), che era un modo sintetico ed efficace per far capire a tutti le qualità dell’appartamento.
Si potrebbe pensare che le due soluzioni siano in qualche modo identiche, dal momento che la classe energetica dipende pur sempre dall’indice di prestazione. E invece non è così: nel classificare gli edifici la legge nazionale tiene conto della quantità di pareti perimetrali esposte al freddo e della temperatura esterna della località. Detto in parole più semplici, un attico all’ultimo piano o una villetta possono avere una classe energetica migliore di un appartamento posto a un piano intermedio, pur consumando di più, e una casa in montagna è privilegiata, rispetto a una in pianura, ai sensi delle classi energetiche.

In definitiva una classe energetica piuttosto buona (per esempio la B), dice che quel particolare immobile ha buone prestazioni per essere, per esempio, una villetta posta ad alta quota, anche se consuma magari di più di un appartamento al terzo piano al mare, che invece è solo in classe di efficienza energetica C.
L’obbligo di inserire, l’indice di prestazione, invece della classe, pur essendo molto meno comprensibile ai non addetti ai lavori, dà un’indicazione più diretta dei consumi reali, e dovrebbe rendere impossibile l’autocertificazione in classe G. Non solo: fa giustizia di certe differenze nella classificazione energetica esistenti tra quella vigente in certe regioni (Emilia Romagna, Liguria e Piemonte) e il resto dell’Italia: il calcolo dell’indice di prestazione energetica è comunque fatto allo stesso modo. Non è così solo per la Lombardia, che usa un metodo un po’ differente.

I contratti interessati. La legge nazionale parla di “annunci di vendita”, ma anche di “trasferimento a titolo oneroso”. Nessun dubbio, quindi, sul fatto che eventuali proposte di permuta debbano comunque riportare la pagella energetica, perché sono pur sempre trasferimenti a titolo oneroso. Anche le compravendite di quote in multiproprietà dovrebbero essere coinvolte (ma forse restano escluse quelle fatte con il sistema del “trust”, che prevede la compravendita di quote societarie, non di immobili). Indenni restano invece le donazioni. Infine non dovrebbe contare – ma servirà una conferma ufficiale – il fatto che l’immobile non abbia impianti di riscaldamento, come può accadere al Sud, particolarmente per le case di vacanza: in questi casi, la certificazione energetica resta tecnicamente possibile.

APPROFONDIMENTI
Addio all’autocertificazione in classe G
Chi un po’ se ne intende, sa che esiste un’alternativa per evitare di fare la certificazione energetica in quasi tutta Italia (escluse solo Lombardia, Emilia Romagna, Piemonte, Liguria e provincia autonoma di Trento): dichiarare che l’immobile – se sotto i mille metri quadrati di superficie – ha costi della gestione energetica molto alti e che andrebbe classificato perciò in classe G, quella con le prestazioni energetiche meno efficienti (a patto, ovviamente, che l’immobile abbia realmente prestazioni così inefficienti, altrimenti si dichiara il falso, ma per molti vecchi edifici la classe è effettivamente la G). Questa autocertificazione può essere contenuta nel rogito o anche in una dichiarazione allegata a parte e va trasmessa dal proprietario entro 15 giorni alla Regione.
Ora però che l’articolo 6 coma 2-quater del Dlgs 192/2005 impone negli annunci l’indice di prestazione energetica, derivante dall’attestato, di fatto la certificazione diviene obbligatoria per tutti o quasi, o almeno per chi fa pubblicità in qualche modo alla vendita di un immobile. Come si può, infatti, autocertificare e nel contempo indicare l’indice di prestazione in chilowattora al metro quadrato. A stretto rigore l’autocertificazione in classe G sopravvive solo in casi particolarissimi, quando non si fa alcun annuncio di vendita, perché, per esempio, l’immobile è alienato a un vicino o a un figlio. Del resto l’autocertificazione non è ammessa dalle direttive europee recepite.

Multe e obbligo anche per la locazione in Lombardia
Oltre ad avere regole proprie per il calcolo dei parametri energetici, la Lombardia si distingue per quattro prescrizioni diverse, in caso di annunci immobiliari:
1) non solo le proposte di vendita, ma anche quelle di locazione debbono riportare i dati necessari, salvo durate inferiori a 31 giorni del contratto; sarebbe fatto salvo solo lo “scambio casa”, in circuiti che prevedono la cessione reciproca gratuita di un immobile, per un limitato periodo;
2) non è richiesto solo l’indice di prestazione, ma anche l’indicazione della classe energetica;
3) sono previste sanzioni da 1.000 a 5.000 euro, per ogni unità immobiliare, a carico del titolare degli annunci (cioè di chi ha inserito l’annuncio, a prescindere del fatto che sia il proprietario dell’immobile);
4) sono escluse le unità prive di impianti termici “o di uno dei suoi sottosistemi necessari alla climatizzazione invernale”. Sono considerate prive di impianti quelle dotate di stufe, caminetti, radiatori individuali, apparecchi per il riscaldamento l ad energia radiante, scaldacqua unifamiliari, purché la somma delle potenze nominali termiche sia contenuta entro 15 kW.
A dettare ulteriori indicazioni poi venuta una circolare della direzione generale Energia, ambiente e reti, datata 21 dicembre 2011, in cui si afferma che:
a) gli annunci di cui è stata concordata la pubblicazione prima del 1° gennaio 2012, o anche rinnovati automaticamente dopo questa data, non debbono riportare l’indice e la classe energetica. Occorre percorrere “a ritroso” la catena contrattuale per dimostrare che l’annuncio è stato “acquistato” o “consegnato” prima della fine dell’anno, anche se l’effettiva pubblicazione avviene nel 2012;
b) per i cartelli vendesi o affittasi appesi prima del 1° gennaio 2012 ai portoni, se non si vuole riportare i dati energetici, occorre inviare al Comune una dichiarazione entro il 31 dicembre 2011;
c) se l’immobile in compravendita o locazione è fuori dal territorio regionale, le leggi locali non valgono.

Il rebus delle multe previste dalla legge 10
Una norma senza sanzioni è un’arma spuntata e gli italiani, quando se ne accorgeranno, potranno farsene un baffo. Forse qualcuno potrebbe tirare fuori gli articoli 32 e 34 di una vecchia legge, la 10/1991, ancora vigenti anche se inapplicati. L’articolo 32, titolato “Certificazioni e informazioni ai consumatori” afferma nel comma 1: “Ai fini della commercializzazione, le caratteristiche e le prestazioni energetiche dei componenti degli edifici e degli impianti devono essere certificate secondo le modalità stabilite con proprio decreto dal ministro dell’Industria, del commercio e dell’artigianato, di concerto con il ministro dei Lavori pubblici, entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge”. È vero: quel decreto non è mai stato scritto, ma non c’è dubbio che il termine di 120 giorni non è vincolante e un decreto diverso, ma con finalità analoghe, è stato effettivamente scritto (il Dlgs 192/2005). Il comma 6 dell’articolo 34 recita: “L’inosservanza delle prescrizioni di cui all’articolo 32 é punita con la sanzione amministrativa non inferiore a 2.582,28 euro e non superiore a 25.822,54 euro, fatti salvi i casi di responsabilità penale”. C’è il rischio di vedersi applicate queste sanzioni? Probabilmente no, a meno che qualche Comune decida di seguire una via estremamente letterale.

Fonte: ilsole24ore